martedì 3 marzo 2015

Un anno dopo


CAPITOLO   I  -   Un anno dopo

 





Il  volo 780 delle ore ventiquattro proveniente da Roma arrivò all’aeroporto de Il Cairo con due ore di ritardo.
Isabella ebbe un sospiro: il vento caldo trovato ad accoglierla appena messo piede sulla scaletta dell’aereo, avrebbe sicuramente aumentato il suo mal di testa; per di più, trovare un taxi a quell’ora della notte non sarebbe stato facile. Contrariamente ad ogni previsione, tutte le sale d’aspetto dello scalo erano affollate e file di taxi sostavano nei parcheggi: l’Egitto è pur sempre il Paese dal fascino immutato nel tempo, capace di catturare la fantasia del turista con i suoi misteri.
La ragazza avanzò in mezzo ad una marea di gente: turisti incerti ed un po’ assonnati che operatori di viaggio cercavano di raggruppare sotto questo o quel cartello con il nome di questa o quella compagnia di viaggio, per poi inquadrarli come reclute e guidarli verso l’uscita.
Più di qualcuno si voltò a guardare quella bella ragazza sottile e non troppo alta, dalla casacca color amaranto, con le braccia cariche di pacchi e pacchetti.
La folta frangia dei lunghi capelli  spioventi sulle spalle nascondeva una fronte spaziosa e ben modellata; lo sguardo sapientemente sottolineato da una lunga linea scura di kajal, la bocca carnosa e colorata come un fiore di melograno, la facevano fortemente assomigliare ad una di quelle principesse egizie raffigurate su pitture parietali e cofanetti.
“Isabella… Isabella…” qualcuno la chiamò.  Lei si voltò.
“Alì!” gridò in tono festante.
“Bentornata, principessa!”

Un ragazzo la raggiunse alle spalle, l’abbracciò e la sollevò con tutti i pacchi, facendole fare una doppia piroetta prima di rimetterla a terra e liberarla dei pesi.
Era un bel ragazzo, alto e longilineo, braccia e spalle atletiche, come di chi è abituato ad esercizio fisico. Sovrastava la ragazza di quasi due palmi ed aveva nei suoi confronti atteggiamenti protettivi ed affettuosi. Era egiziano, ma vestiva all’europea, con jeans e maglietta.  I lineamenti  energici del volto, gli occhi di un nero ebano, la pelle di bronzo e i capelli ricci e ribelli gli davano quell’aria un po’ selvaggia di aitante e spensierata giovinezza. Poteva avere ventuno o ventidue anni.
“Come sono felice di vederti!”
“Anch’io, Alì! Anch’io. - la ragazza arretrò di un passo - Sapessi come è stato lungo questo anno. Non vedevo l’ora di riabbracciarci… Oh! ma sei diventato ancora più alto o… o sono io che mi sbaglio?”
“Non ti sbagli! E tu… – sorrise lui, avvolgendola in uno sguardo che era una carezza tenera e affettuosa – Tu sei diventata ancora più bella.
Isabella arrossì e sorrise compiaciuta; lui proseguì:
“Ho tante cosa da dirti che non potevo farti  sapere per lettera.”
“Capisco… ma dimmi, quando hai lasciato Torino?”
“Ho preso il primo aereo per tornare a casa appena chiuso l’Anno Accademico. Quasi una settimana fa.”
“Alessandro mi ha detto che sei stato una delle più brillanti matricole del Politecnico.”
“Oh! – si schermì il ragazzo, poi – Vieni. Ti porto in albergo. Ho la jeep di tuo fratello qui fuori.”
“Alessandro mi ha detto che forse hai battuto il tuo naso impiccione in qualcosa di davvero grosso.”
“Contrabbando di Antichità! Sia lode all’Unico! Forse ho scoperto una traccia che conduce al più grosso traffico clandestino di antichità degli ultimi tempi.” spiegò il ragazzo arricciando il naso e fischiettando un motivetto in voga; una vivacità irresistibile gli brillava nello sguardo.

Lasciato il terminal dei bagagli, i due ragazzi raggiunsero la jeep parcheggiata nel vicino piazzale; salirono a bordo e Alì avviò il motore.
La vettura scattò in avanti con un rombo.
“Oh, finalmente! – Isabella si abbandonò sul sedile – Questa giornata pareva non avere più fine.”
“Sei stanca? Hai fatto buon viaggio?” si girò a guardarla il ragazzo.
“Sono in piedi dalle sei di questa mattina, il treno è arrivato a Roma con quasi un’ora di ritardo, lo sciopero del personale a terra ha fatto slittare il mio volo di più di due ore e… etchi!…” starnutì, rise e starnutì ancora.
“Tabacco forte?” scherzò il ragazzo.
“Faceva freddo a bordo, - spiegò lei – nonostante che la hostess mi abbia gentilmente messo due copertine intorno alle gambe… e non è tutto: interferenze atmosferiche hanno reso movimentato il viaggio ed un fulmine ha quasi sfiorato l’aereo. I pasti a bordo, poi, erano piuttosto stracotti, ma… a parte tutto questo… ho fatto un buon viaggio. – sorrise, fece una piccola pausa e riprese – Però adesso sono qui e non vedo l’ora che giunga domani… Manco da un anno e non vedo l’ora di rituffarmi in un mondo pieno di magia e splendori.”
“… e di rivedere la statua del nostro amico Osor, tornata al suo posto.” concluse per lei il ragazzo.

 (continua)

brano tratto dal libro   "OSORKON - Il Sigillo del Faraone"  secondo v

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